lunedì 27 febbraio 2023

Da San Siro è tutto, a voi studio!

Siamo passati in un paio d'anni, anche complice la pandemia, ad avere i weekend completamente liberi (al punto che io potevo pure andare a farmi qualche sgambata un po' più lunga al mattino presto e poi riservarmi anche un riposino al pomeriggio) ad essere sostanzialmente sempre in macchina a portare i figli a qualche competizione o a bordo di qualche campogara. Ché era bello, in effetti, e molto comodo, anche, quando tutti facevano nuoto e 4-5 gare all'anno. Ma non lo fai giocare a Calcio, il Jack, che lo vedete che ci fa una malattia? Diceva il nonno. Certo che Pietro è proprio velocissimo, non avete mai pensato ad Atletica? chiedeva la zia. Però Maria nuoto speriamo che non lo lasci perché é proprio uno spettacolo vederla nuotare. Chiosava l'amica. E avevano ragione tutti. E quindi Silver ed io siamo sempre lì, a conoscere il Veneto ma anche l'Italia, in qualche caso, e a guardarli divertirsi. Non siamo troppo sociali, purtroppo, tendiamo a stare per i cavoli nostri nella paura di essere inopportuni con gli altri. Anche se, dai e dai, un po' di auto-mutuo-aiuto con altri genitori ci scappa sempre. Ci sono quelli che "Io mi sono pres* il part-time perché se decidi fare figli devi starci dietro, sono la mia gioia, la mia ragione di vita" Che Cornelia, madre dei Gracchi, in confronto era Norma Bates. Ci sono quelli, al contrario, che vengono se possono, se vogliono, se gli gira bene, se non è lontano, se non piove, se non fa né troppo freddo né troppo caldo, se la maglia degli avversari ha bei colori sennò no! E forse noi siamo lì, non saprei dire se nel mezzo o un po' di lato, a credere che sia giusto assecondarli in qualcosa che a loro piace, in modo da non doverli solo sgridare per la scuola o perché lasciano tutto in giro o non capiscono mai le cose che chiediamo di fare al primo secondo terzo diciamo che non le capiscono mai! Sperando di fare giusto, sperando che si ricordino che lo abbiamo fatto per loro, sperando di renderli migliori. Sperando che loro rendano migliori noi.

mercoledì 24 febbraio 2021

Anno

 È passato un anno e non ho scritto quasi nulla sul Coronavirus (come lo chiamavamo prevalentemente durante la prima ondata) e sul Covid_19 (come invece è diventato di uso comune dall'estate in poi). 

E anche adesso, onestamente, non so perché mi sia venuto da riaprire il form di Blogger e, forse, nemmeno arriverò alla fine del post. Lo salverò in bozza e lo lascerò lì, come decine di altri in questi anni e lo riaprirò in un giorno di malinconia come quando ti metti a guardare le vecchie foto e trovi quella dove hai la faccia da pirla o quella in cui ti aveva tagliato i capelli tua nonna e avevi la frangia a scalette. E di alcune dici: beh, però a distanza di tempo fa simpatia, aspetta che la tengo fuori, e altre dici, vabbè, ma se non serve a niente la butto. Con i post è più quest'ultima. Per cui veramente zero rimpianti. 

Coronavirus, si diceva; sono stato anche io negazionista. All'inizio mi pareva un allarme immotivato. Ricordavo l'altra sera con l'amico Marco che il sabato prima che partisse la chiusura delle scuola eravamo a casa sua. Ancora si poteva, mannaggia. E già la chiusura da mercoledì a venerdì ci destabilizzava. 

Ero arrivato a dire che avrei votato Zaia alle prossime elezioni se fosse riuscito a riaprire le scuole. Non c'è riuscito e non l'ho votato. Ah, dite che non è stata colpa sua? Beh, ma per farmi votare Lega uno un po' di miracoli di deve mettere in conto, mica mi vendo per poco, io. 

Vabbè, lasciamo stare, era per dire lo stato confusionale. 

E poi ricordo davvero poco. C'era questa bolla anestetizzata in cui riuscivo a lavorare (per fortuna) un po' in presenza e un po' troppo a distanza (sia come tempo che come distanza), riuscivo a correre in un campo che è di mio suocero ed è appena fuori casa 450 metri girando di qua e 450 metri girando di là, solo per non fare le curve sempre dalla stessa parte. E poi le partite a baseball sul prato e le videochiamate con i parenti e gli amici e niente più "cosa facciamo stasera" e si, un po' mi ci ero abituato. 

Poi l'acqua gelata della ripartenza, i figli che a scuola ci ritornano ma non tutti senza scossoni e la pigna in culo della paura della seconda e della terza ondata e delle varianti. 

E il vaccino, che fortunatamente è arrivato e adesso quando al lavoro i ragazzi, bontà loro, mi sputano addosso, fa perfino meno schifo. 

Ogni tanto penso a noi, tra tanti anni, e ai miei figli, se riusciranno (se lo vorranno) ad essere nonni, a raccontare ai nipoti che loro ci sono passati, nella grande pandemia di Covid. Chissà se la ricorderanno e non ne parleranno mai, come mio nonno per la Prima Guerra o se non ricorderanno quasi nulla, come gli zii per la Seconda. 

"Te che sei psicologo, influirà tutto questo sulla loro crescita", mi chiede qualcuno? 

Beh, spero di si, se non influisse avrebbero problemi ben più gravi. 

Andrà tutto bene? No, lo abbiamo capito. Ciò non significa che debba andare necessariamente tutto male. 

Ne usciremo migliori? Forse! Forse non tutti, forse non in tutto. 

Però ne usciremo di sicuro, come da una galleria: non riporta al punto di partenza ma dall'altra parte la luce c'è sempre. 

martedì 1 settembre 2020

Faccio il Re

 Mio nipote ha 9 anni ed è il ragazzino più pacifico che conosco. Esattamente come suo padre, mio fratello. 

È un pregio, eh? Cioè, non sempre, ma in generale io lo considero un pregio. Abbiamo già tanti cazzi al mondo che se qualcuno smussa gli angoli è solo fortuna. 

Comunque Paulo, come lo chiamavano i miei figli da piccoli, ha un amore viscerale contraccambiato per i due cugini che hanno solo un anno in più (compleanno oggi, fatalità) e condivide con loro un sacco di passioni: gli Avengers (sui quali hanno creato un brand parallelo/alternativo i Trivengers), il calcio (anche se lui è milanista ma, appunto, non è uno con cui si litiga facilmente) e la musica. Da qualche mese, infatti, tutti suonano qualcosa. 

Ora, Pau e Jack suonano entrambi la chitarra e Pee la batteria; dopo i pranzi in famiglia, si isolano in cantina e ci danno di AC/DC, Deep Purple e Cramberries. 

Jack è molto bravo a suonare e non lo dico perché è mio figlio: ha un approccio quasi compulsivo, ogni minuto libero è buono per prendere in mano la chitarra e, anche aiutato dal fatto di essere molto grande per la sua età ed avere le mani come due badili, riesce in esercizi che io manco al liceo. 

Tende però ad essere un pelino ansioso e fatica ad affrontare qualsiasi tipo di platea (parlo degli zii, eh, mica della Scala di Milano). 

Vabbè, non lo si forza e si tira avanti. 

La settimana scorsa, però, con davanti un gelato, Pau salta fuori col fatto che lui ha iniziato a suonare in chiesa con suo papà. Gli occhi di Jack sono corsi immediatamente a incrociare i miei per chiedere: ma come? E perché io invece non ci riesco? 

Pau, che è tutt'altro che scemo, deve aver capito e ha subito detto: "Io faccio il RE" con quella sua voce adenoidica che lo rende ancora più simpatico. 

"Poi ogni tanto anche il LA" 

Così, come se fosse la cosa più semplice del mondo. Anzi, è la cosa più semplice del mondo, il RE (secondo forse solo al Mi minore). 

E lì per lì l'abbiamo presa in ridere, invece è una grandissima filosofia: prendere quello che sappiamo fare e intanto fare quello. Poi piano piano aggiungiamo il resto. A Jack gli s'è illuminato il futuro e ha detto che domenica viene a suonare a messa pure lui. 

Ed ho deciso che la faccio mia questa massima e, nei momenti più difficili, quando non so da che parte iniziare, quando sembrerà tutto andare a rotoli e l'ansia mi divora 

Io faccio il RE



giovedì 5 marzo 2020

In questo compleanno senza baci

Ieri avrebbe compiuto gli anni Lucio Dalla.
Oggi invece John Frusciate.
Ah si, anche io.
Partivo da Dalla perché alla fine ieri un sacco di persone lo ricordavano sui social e l'aspetto più significativo è che ho trovato parecchie persone che postavano il link di "Caro amico ti scrivo" invece che "4-3-1943" che, proprio perché più scontata, mi sarei aspettato che fosse andata virale.
Già, virale.
Parola che ha riassunto in pochi giorni il suo significato originario.
Maledetto virus che ci fai vivere con i "sacchi di sabbia in cima alla finestra".

Ci salterà l'Ultrabericus. Mentre scrivo non è ancora ufficiale ma temo un amaro ed incolpevole regalo di compleanno da parte degli organizzatori.
Non che potessi vincerla.
Fare meglio del solito forse si.
Divertirmi sicuramente.
Pazienza, sto bene e non mancheranno altre occasioni.

Mi piacerebbe abbracciare tutti, rassicurare tutti. A me questo virus non fa nessuna paura. Proprio nessuna nessuna.
Sarà, forse, perché sono felice.
Ed io, quando sono felice, non ho paura di niente.

venerdì 15 novembre 2019

Ho visto Dio

Sul serio ho visto Dio.
Siete liberi di non crederci o di darmi del pazzo, ma io l'ho visto.
Eravamo al funerale di una persona giovane, che aveva deciso di lasciarci prima di quello che ci saremmo aspettati e lui è arrivato.

Eravo lì da tanto perché, si sa, quando muore una persona giovane la chiesa si riempie di gente e di retorica, di solito, e la retorica in piedi non la reggo.
C'era il coro che provava canzoni ormai sapute, persone con il fazzoletto in mano e arie meste.
Qualche saluto a mezza mano con gente che non vedevo da tanto tempo e che normalmente avrei abbracciato con calore, per evitare di essere inopportuno.
Dilemmi continui se quella che è entrata ora sia effettivamente anziana da meritare che le ceda il posto o se magari abbia solo uno o due anni in più di me (o magari in meno) e semplicemente sia io a fingere che quei peli bianchi sulla barba siano solo frutto dell'acquisito fascino.
C'è un brusio che gioca a fare il silenzio e una compostezza un po' forzata che si aggiunge al magone effettivo che tutti portano in questo momento pensando a chi è rimasto, soprattutto, ma anche a chi ci ha lasciato.

E in quel momento è entrato Dio. 
Poco prima della bara, vestito completamente di giallo fluorescente. In barba al coro che stava provando, lui si è tolto il caschetto da bici ed ha iniziato a salutare tutti, a dare il cinque ai bambini a fare segno con il pollice in alto che tutto andava bene. Si è fatto posto vicino all'altare: non davanti, non sopra, ma di lato, dove c'erano i bambini e quelli che cantavano.
E a tutti faceva strano vedere questo tizio fluorescente che si comportava in modo così poco "consono" alle circostanze.
Chissà cosa avrebbe detto quella signora che pensa che cantare un brano in inglese in Chiesa sia contro le regole del cattolicesimo; o quelle persone che dicono che far festeggiare Halloween ai figli sia permettere loro di fraternizzare con il demonio. Per non parlare di quella catechista, più grave, che accusava un compagno del figlio di bullismo, senza nessuna misericordia legata al fatto che la mamma di quel ragazzino stava morendo in ospedale.
Forse anche loro avrebbero lo avrebbero scambiato come tutti per lo scemo del villaggio. Ed ho trovato significativo che Dio sembrasse fuori posto proprio in Chiesa (maiuscolo, minuscolo, scegliete voi).
Quante occasioni ci capitano per confermarci che in fondo non esiste. 
E invece quel giorno l'ho visto ed ho pensato, quel giorno, mentre aspettavo la bara di una persona a cui ho voluto bene, che da Dio mi aspetto proprio questo: che entri, mi guardi in faccia senza remore e con il pollice alto mi dica: "Tranquillo, sono qua io! Va tutto bene!"

mercoledì 18 settembre 2019

Tagliati la barba

Tendo a leggere poco i giornali e a non guardare la tv nei weekend. Cioè, non è una scelta, è una contingenza.
Purtroppo non ci riesco.
Ricordo ancora i weekend solitari e spensierati da single prima e da compagno di una lavoratrice a turno poi: uscita in bicicletta, pranzo con esagerazione di piccante (che a Silver non piace molto) e pennica sul divano guardando la tv.
Il massimo era quando c'era la Formula 1. Non ho mai amato troppo l'automobilismo, ma sulle salite in bicicletta, pensare che alle tre del pomeriggio il ronzio dei motori e il tono monocorde di Mario Poltronieri provenienti dalla TV mi avrebbero cullato per due ore buone, mi dava più energie dell'EPO.
Tant'è, non volevo parlare dei miei pomeriggi solitari, quanto del fatto che adesso tra i millemila impegni familiari, la TV se ne resta spenta ed io ho saputo che c'era stato il raduno di Pontida solo al lunedì.
Apri un social a caso (o anche un qualsiasi stato whatsapp di amico non leghista) e trovi un "Siamo tutti Gad Lerner".
Allora cerco un po' e come sempre il mondo si divide in tre: quelli che non ne parlano, quelli che sono assolutamente contro e quelli che sono a favore.
Parliamo dei contro (contro Lerner, nella fatispecie). Postano foto del famoso giornalista nella stessa giornata sull'ormai famoso pratone: si concede a selfie con i giovani leghisti, passeggia sereno tra i militanti di verde vestiti, attendo l'arrivo di Salvini in mezzo ai colleghi, mentre una folla di Alberti da Giussano sventola pacifica alle sue spalle.
E il commento è sempre un sarcarstico: "Guardate com'è stato aggredito Gad Lerner". Eppure c'è un video. 
C'è un video su Il Fatto che mostra un manipolo di padani di verde vestiti che insultano pesantemente il giornalista. Poi uno che dà una manata ad una telecamera. Saranno stati in pochi, sarà stato un singolo episodio, ma è un cazzo di video. Non si può negare.
E allora quasi mi verrebbe da rispondere, da replicare. Non per fare polemica ma per spiegare, argomentare, convincere. Bisogna santoddio, che la gente capisca.
Riguardo il video e mi fermo su una frase: "Lerner, tagliati la barba".
E niente, mi passa la voglia di replicare, convincere. Io al tagliati la barba non so cosa rispondere.

martedì 3 settembre 2019

Ultime notizie dalla famiglia - Nel frattempo ha vinto il calcio

Ci piace a tutti fare gli alternativi, diciamo la verità.
I miei non me lo hanno mai detto ma credo che per loro fosse motivo di vanto poter dire che i figli sapevano nuotare negli anni '70, quando nessuno al paesello sapeva nuotare come si deve.
Per i miei figli è sempre stato diverso, il minimo che ci si possa aspettare dai tre figli di un (ex) istruttore di nuoto è chbbehe sappiano nuotare ed io sono già contento di aver raggiunto il risultato minimo. In realtà ieri ho portato Maria a nuoto e ne ho approfittato per una nuotatina nella corsia di fianco. Inizio a faticare a starle dietro. Tempo un anno e la vedo con il binocolo.
Giacomo e Pietro invece no, non ci vengono più; già lo scorso anno era stata dura. Il tarlo del calcio aveva iniziato a lavorare sodo durante i mondiali. E dire che l'Italia non c'era.
Avevamo comprato un ulteriore anno di nuoto in cambio di un paio di scarpe da calcio che avevamo regalato loro comunque.
Speravo che le gare fossero una valida motivazione, che potessero stimolarli a restare. Ma non ha funzionato e, dico la verità, lo sapevo già da me.
Oltretutto a Pietro, per me, fa pure bene: non è che il nuoto fosse proprio il suo e si trovava sempre costretto ad un confronto impari con il gemello molto più tagliato fisicamente per l'acqua. 
Vabbeh, direte, fossero questi i problemi!
Infatti.
È solo un pochino più complesso da gestire: tre figli nello stesso posto alla stessa ora erano una grande comodità.
Adesso toccherà farci aiutare. Siamo orgogliosi, abbiamo tenuto duro il più possibile per tanto tempo, ma adesso non ce la facciamo più.
Poi io devo elaborare il lutto di non avere più questo momento tutto mio con loro. Mi piaceva, dico la verità. Era terrificante, ma mi piaceva.
"A me piace che vieni in piscina solo con me" ha detto ieri Maria. Ecco, forse è arrivata l'età dei momenti dedicati.
Nella brochure non c'era scritto... al URP mi sentiranno.